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E quando serve il piccolo burro connesso?

Quando parliamo di un oggetto connesso, parliamo semplicemente di un oggetto connesso a un servizio (spesso un’app per smartphone) con il quale scambia informazioni, o addirittura che ne permette il controllo da remoto.

L’idea è interessante: raccogliere informazioni e scambiarle tra dispositivi o tra te e il dispositivo consente di ottimizzare tutta una serie di azioni quotidiane. Questo è ciò che permette la domotica integrata, pensata per “rendere la vita più facile”.

Tuttavia, ciò che vediamo apparire soprattutto oggigiorno sono vasi da fiori collegati, bulbi collegati, bilance collegate e una pletora di altri oggetti di uso quotidiano a cui aggiungiamo una funzione “connessa”, anche se il suo interesse a volte è limitato.

Manca quindi una possibile standardizzazione del tutto. Il più delle volte, ogni oggetto ha il proprio sistema, la sua app dedicata e, soprattutto, la sua dipendenza da un server di dati di terze parti da qualche parte nel mondo. Server il cui semplice spegnimento a volte significa la morte del dispositivo connesso, trasformandolo in una cosa inanimata utile solo per spolverare (o spaventare il gatto, siamo creativi!).

Ciò è tanto più dannoso in quanto questi dispositivi sono, per definizione, dotati di sensori, processori o persino batterie, il che aumenta il loro impatto ambientale durante la produzione e alla fine della loro vita.

E poi è utile controllare tutto? Siamo già sommersi da informazioni, non è per avere, inoltre, una pianta che ti manda un SMS perché ha sete. Peggio ancora, gli spazzolini da denti possono anche essere collegati, per insegnare a tuo figlio come lavarsi i denti o per controllare se ce l’ha o no. Eccellente ! Non c’erano già abbastanza possibilità di essere guardato, analizzato, scrutato, elencato, ora puoi farlo anche da solo con i tuoi figli! (e poi non ditemi che il bambino non capirà subito che basta scuotere il sensore per avere pace…).

Ovviamente il marketing non ci sta aiutando: alcuni di questi dispositivi si presentano come rivoluzionari quando in realtà, blah. L’ultimo termostato di un gigante IT (che non menzioneremo per evitare di pubblicizzare il loro motore di ricerca, oops), è un oggetto connesso. Può “imparare” dal tuo comportamento per regolare meglio il riscaldamento. Fondamentalmente, finisce per memorizzare da solo per accendere il riscaldamento alle 6.30 se lo fai regolarmente. D’altra parte, non consente di regolare la temperatura di ogni stanza. Certo, neanche un termostato classico lo permette, ma almeno non si vanta di “reinventare il quotidiano”, quando potremmo proprio sfruttare una tecnologia veramente comunicativa per andare oltre.

Infine, se il marketing di alcuni parla di oggetti intelligenti, siamo ancora lontani. Alla fine, questi sono solo sensori e regole operative legate allo stato di questi sensori. Quando gli oggetti sono diventati veramente intelligenti, ne parliamo di nuovo. O no. Stephen Hawking, famoso astrofisico, ha recentemente dichiarato che una completa intelligenza artificiale potrebbe porre fine all’umanità. Un po ‘come in “Terminator”, in realtà.

Hasta la vista, baby!

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